mercoledì 19 marzo 2014

indizi dal museo

L'ambiente che mi trattiene, e in cui mi in-trattengo, è un museo privato. Pur se l'accesso è strettamente regolato, io resto continuamente nascosto dentro il mio museo. Solo che nei dettagli di opere che affiorano cerco di nascondermi in un modo un po' particolare, perché anziché acquattarmi dietro qualcosa che mi possa celare, io cerco di piazzarmi davanti alle cose. Così, per vedere e riconoscere le cose (che sono visibilissime), non vengo messo a fuoco. Oppure mi si vede come una cosa che dà fastidio, un alone, un'enorme schermatura, un elemento di disturbo, un intruso (ho cominciato da un po' a pensare all'etica che sta dietro agli atti vandalici).



Atti di vandalismo più o meno dichiarati caratterizzano da tempo l'antropologia degli scrittori. Forse quello che è sempre mancato è un tentativo di valutazione, per quanto approssimativo risulterebbe essere, di quale sia l'atto vandalico più dissacrante/sacralizzante. Invece di imbrattare il muro, costruiamo un altro muro a ridosso di quello, che sia come l'originale. Chissà che non ne traggano beneficio l'ergonomia del vandalo e il valore del processo critico.

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